Sul bordo del precipizio, aggrappata ad una superficie verticale una quercia, forse roverella, sapendo che potrebbe finire travolta da un cedimento improvviso della parete, è riuscita a sopravvivere nell’apparente precarietà del suo domani. Con radici fittonanti ed altre che esplorano in orizzontale il terreno ha trovato il privilegio di una posizione che le consente di rimanere sospesa a mezz’aria guardando lo strapiombo. Per me che trascorro il tempo favoleggiando lidi oltremare, questo intreccio di braccia e gambe è un atto d’amore, che non conosce sosta. È così ampio lo spazio che si anela e così poco quello che conta, si riassume in una manciata di zolle. Mentre le passo accanto le carezzo la pelle, è sottile il mormorio che riesce appena a sillabare! Vorrei imparare un linguaggio così essenziale e radicante.

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